Ecco perché alla donne piacciono i bastardi‏

Perché i «cattivi» seducono di più

Narcisismo, impulsività e «machiavellismo» fanno breccia. Il rappresentante tipico è James Bond

MILANO – L’avevamo sempre sospettato e adesso la scienza lo conferma. La cattiveria paga, almeno con le donne. Secondo uno studio condotto da ricercatori internazionali guidati dallo scienziato Peter Jonason, della «Mexico State University» di Las Crucis e ripreso dal settimanale New Scientist sarebbero proprio gli uomini «cattivi» ad attrarre il maggior numero di donne. Il motivo? Una triade di caratteristiche psicologiche negative come il narcisismo ossessivo, l’alta impulsività e l’abilità nell’essere manipolatori e machiavellici renderebbe gli uomini stile James Bond fortemente affascinanti tanto che anche le donne più belle non riuscirebbero a resistere

TRIADE NEGATIVA – I cattivi non solo appaiono più seducenti alle donne, ma hanno anche una vita sessuale più intensa: «Lo studio conferma – ha spiegato il professore Jonason al New Scientist- che persone con queste tre caratteristiche possono rappresentare una strategia evolutiva di successo». Lo studio ha preso in esame i test condotti su duecento studenti universitari nei quali erano evidenziati i tre tratti psicologici negativi. Ai ragazzi tra l’altro sono state formulate diverse domande sulle loro abitudini sessuali e sul numero di partner che avevano avuto nella loro vita. Infine essi hanno dovuto chiarire se preferissero storie brevi o relazioni stabili. I risultati della ricerca, presentata nel corso di un convegno della «Human Behavior and Evolution Society» a Kyoto in Giappone, ha confermato che gli studenti con i tre tratti psicologi negativi più marcati erano anche quelli che avevano avuto nella loro breve vita più partner sessuali. La maggior parte dei «ragazzi cattivi» ha del resto ammesso di preferire relazioni brevi, ma intense a lunghi rapporti monogami IL PROTOTIPO DI UOMO CATTIVO – Il cinema ci ha offerto diversi personaggi che si avvicinano a questo prototipo di uomo «cattivo», da James Dean a Jean Paul Belmondo, ma secondo il professor Jonason James Bond è quello che meglio rappresenta questo tipo di persona, perché racchiude in sé tutti e tre i tratti psicologici negativi: «Egli è chiaramente antipatico, ma è molto estroverso, ha un’estrema curiosità, uccide le persone e ha sempre tante donne» conferma Jonason. Lo stesso studioso afferma che le persone che nella vita reale sono simili a James Bond, seducendo una donna dopo l’altra, avranno un’intensa vita sessuale e naturalmente avranno più possibilità di avere figli. Tuttavia, date le loro caratteristiche negative, sfuggiranno sempre all’idea di diventare padri. Uno studio parallelo, condotto su un campione di 35 mila persone in 57 paesi dallo scienziato David Schmitt della «Bradley University» di Peoria, nello stato dell’Illinois (Usa) confermerebbe le intuizioni di Jonason. Lo studio dimostrerebbe il legame tra le tre caratteristiche negative e il successo riproduttivo negli uomini. «Nelle diverse culture è universalmente riconosciuto che gli uomini che possiedono questi tre tratti psicologici negativi hanno più possibilità di accoppiarsi» afferma Schmitt. «E di riuscire ad avere tante brevi relazioni con diverse donne».

Francesco Tortora
da www.corriere.it

I trentenni d’oggi

8 giugno 2008
L’Istat: un terzo dei giovani vive con mamma e papà
A Milano boom dei trentenni single
Web, cellulare e mille euro al mese. Precari, ma amano spendere. «Non ci sposiamo, costa troppo». In calo l’impegno politico
MILANO – Forse non ha tutti i torti Francesco Aufieri quando dice che nella vita ha scelto di fare due cose ad alto rischio (d’insulti): l’arbitro e il sindacalista. Ha 30 anni, vive con i genitori, guadagna 1450 euro al mese e fa il funzionario nella Cgil. «Sei nel sindacato? In un’organizzazione di massa? Ma dai, mi dicono. Quasi fossi un diverso». In effetti, solo il 10% degli iscritti Cgil ha meno di 35 anni. Aufieri rivendica però di far parte del trasversale popolo degli aperitivi. E confessa: «Vestirei pure Gucci, se solo costasse di meno».
I trentenni milanesi, lo dicono gli studiosi, sono individualisti, non fanno generazione e, soprattutto, politicamente non contano granché. Il motivo, secondo Alessandro Rosina, demografo della Cattolica, è semplice: sono pochissimi. A Milano i 30-35enni non arrivano a 115.000. Mentre gli under 35 sono soltanto il 22% dell’elettorato (dunque: 1 su 5). Michele Mariani è un direttore creativo della Armando Testa. Quasi rimpiange gli anni ’80. C’erano gli spot per i ventenni, quelli per i trentenni e così via. E c’erano le tribù: i punk e i paninari.
Ora, nelle analisi di mercato, i trentenni sono considerati come i ventenni. E sono difficili da individuare: «Si muovono sul web e sui cellulari. I canali mediatici sono la palestra e gli aperitivi». In realtà, per rintracciarli basterebbe bussare alle case dei genitori. Ventotto giovani su cento vivono con mamma e papà. Forse anche per questo hanno pochissima voglia di sposarsi. Milano ha il record di «bamboccioni» celibi o nubili (a 40 anni senza fede nuziale ci arriva il 60% dei maschi). E di single.
Pietro Camonchia ha 31 anni e di professione fa il manager musicale (segue i Negramaro e i Casino Royale). Comunica attraverso il blog, ha l’iPod, tutti i tipi di messaggerie (software per chattare online) ed è iscritto a un social network. Un tipico trentenne hi-tech, che dà lavoro a 17 persone. Il più vecchio ha 32 anni. «Mi confronto ogni giorno con loro». Se c’è una cosa che li accomuna, dice, è la mancanza di punti fissi. Fa l’esempio della musica. «Ora va di moda l’elettro-pop. Ma i trentenni ascoltano tutto e niente. Si lasciano trasportare dai trend. Non hanno filtri». Chi non va a bere l’aperitivo al modaiolo Radetzky, lo fa perché costa tre euro in più che nei locali dell’Isola o del Ticinese. Non perché ci vanno i fighetti, come sarebbe successo un tempo. Non sono sparite le differenze economiche.
I trentenni benestanti al giovedì affollano l’Armani Caffè o il Just Cavalli. Marco ha 33 anni, lavora in un’agenzia di modelle, non è ricco (1900 euro mensili) ma i benestanti li frequenta. L’ultima tendenza, racconta, è il matrimonio chic fuori Milano: «Chi si sposa in città è considerato un poveraccio». Ma, a parte qualche snobberia da ricchi, «i trentenni non vivono conflitti ideologici», dice il sociologo Mauro Ferraresi (Iulm). «Non cercano la differenziazione ». Dieci anni fa c’erano i «precisi ». Giovani che compravano da Tincati e indossavano una sorta di divisa: scarpa inglese sotto il jeans e camicia Ralph Lauren. Il preciso smanettava su moto giapponesi: il top era la Honda Gp. Una scheggia.
Il trentenne del 2008, al contrario, è globalizzato: veste casual e va in scooter. Persino in Vespa. Da ex preciso, Marco non sarebbe mai andato in un locale Arci troppo di sinistra. «Di recente ho fatto una tessera a 10 euro per tre serate. Con pochi soldi ho scoperto un mondo nuovo e underground ». Clementina è una trentenne «creativa», terrorizzata dall’idea di sposarsi. Vive in una casa di proprietà, ha l’auto, Sky, il computer sempre acceso e due cellulari. Guadagna mille euro al mese. «Come faccio? Tutto pagato dai miei. Mi vergogno a dirlo, ma senza il loro aiuto a Milano non si vive». Ecco cosa differenzia un trentenne dall’altro: mamma e papà.
«Chi è finanziato dalla famiglia può fare carriera e uscire di casa. Chi non ha questo vantaggio soffre la flessibilità del lavoro, gli stipendi bassi e gli affitti alti», sentenzia Rosina. «La spesa media europea per politiche giovanili è del 2,6% del pil. In Italia è dello 0,6%». Eppure non sono diminuite le opportunità di divertimento. «I locali e le discoteche milanesi non denunciano cali di presenza», dice Ferraresi. Forse per questo paragona i trentenni agli orchestrali del Titanic. «Continuano a suonare, ma la nave sta affondando».
Agostino Gramigna